Nel corso della nostra vita sperimentiamo un’ampia gamma di emozioni, ma non sempre riusciamo a riconoscere, a comprendere e a esprimere in modo funzionale i nostri stati emotivi, così come non sempre siamo in grado di riconoscere e comprendere gli stati affettivi altrui.
Nel campo delle emozioni si parla di empatia e di alessitimia.
Scopriamo cosa sono nello specifico l’empatia e l’alessitimia, due aspetti che condizionano fortemente la gestione delle nostre emozioni e determinano la qualità delle nostre relazioni.
L’abilità di entrare in sintonia con le proprie emozioni e con quelle degli altri viene definita empatia. Questa capacità ci consente di stabilire connessioni significative con gli altri, promuovendo la solidarietà, la comprensione e la coesione sociale.
I soggetti empatici, infatti, sono coloro che mostrano apertura verso le proprie emozioni e quelle altrui, hanno la capacità di comprendere cosa provano e di capire anche cosa sta percependo un’altra persona.
Gli individui con empatia vengono definiti “emotivamente intelligenti”, proprio perché manifestano una buona autoconsapevolezza emotiva, sono in grado di riconoscere in anticipo le azioni che accompagnano l’emozione e sono capaci di gestirle.
L’empatia permette anche di rispondere in modo adeguato alle necessità emotive degli altri, dando loro consolazione, sostegno o incoraggiamento quando necessario.
Ma come si manifesta? L’empatia si esprime attraverso la capacità di compassione, di ascolto attivo e di sensibilità verso i sentimenti e le esperienze altrui.
L’empatia è un'abilità sociale ed è un fattore accelerante per il nostro benessere emotivo alimentando il nostro senso di appartenenza e la nostra autostima.
Definita anche analfabetismo emotivo l’alessitimia non è semplicemente mancanza di empatia, l’alessitimia è un deficit della sfera emotiva, un ostacolo che rende molto difficile riconoscere gli stati emotivi propri e degli altri, oltre che la possibilità di poterli esprimere. Il termine deriva dal greco “Alexis thymos”, che tradotto letteralmente vuol dire “non avere parole per le emozioni” ed è stato introdotto agli inizi degli anni ’70 da John Nemian e Peter Sifneos.
I soggetti che ne soffrono trovano difficoltà a:
I soggetti alessitimici, tendono a narrare gli avvenimenti e le situazioni con sovrabbondanza di particolari, ma la comunicazione risulta monotona, mancante di coloriture emotive, di fantasia e di immaginazione. Le persone che presentano questo deficit hanno molta difficoltà a poter trovare negli altri fonti di aiuto o di conforto poiché non riescono ad esprimere il loro disagio emotivo. L’alessitimico non avendo conoscenza delle proprie esperienze emotive non è in grado di riconoscere e di modulare gli stati emotivi degli altri.
Ma quali sono le cause che portano all’alessitimia? L’alessitimia è un fenomeno molto complesso e articolato, frutto della compresenza di fattori genetici, neurofisiologici, intrapsichici, nonché di modelli di comunicazione familiare e fattori socioculturali.
L’alessitimia può anche rappresentare una sorta di meccanismo di difesa psicologica per sopravvivere al dolore e agli eventi traumatici.
La gestione delle emozioni è un processo di ricerca di un equilibrio che aiuti a moderare l'intensità delle emozioni per poterle mantenere entro un livello accettabile e gestibile.
Valutare e accettare le proprie emozioni senza giudicarle è il primo passo per conoscersi, capire come si funziona e, di conseguenza, poter scegliere come reagire. Se non si riconoscono e accettano le proprie reazioni emotive, sarà impossibile imparare a gestirle con il rischio di rifuggirle o divenirne schiavi.
E’ importante sottolineare che la gestione delle emozioni è un apprendimento personale, non tutte le modalità servono in ugual modo a tutti.
Quando si è in difficoltà e le strategie personali non risultano sufficientemente valide si può chiedere aiuto rivolgendosi a uno psicoterapeuta. Nel percorso psicoterapeutico il paziente e il terapeuta sono compagni in un viaggio di ricerca. All’interno della relazione professionale che si instaura tra terapeuta e paziente, in un ambiente protetto, empatico e di fiducia, caratterizzato dalla sospensione del giudizio, il paziente può esprimere tematiche emotive ricorrenti e modelli relazionali e affettivi disfunzionali che, con l'aiuto del terapeuta vengono visti, resi chiari e rielaborati.