La paura dell’abbandono è un sentimento naturale, soffrire per il distacco dalle figure importanti è una reazione innata di tutti i mammiferi e in particolare dell’essere umano. Il senso di abbandono, quindi, è un sentimento naturale che accompagna la fine di un legame affettivo importante.
A seconda della propria esperienza di vita questa paura può essere più o meno presente e insorgere in modo irrazionale anche laddove non vi sia un pericolo concreto di perdita del legame. In questi casi la paura dell’abbandono può anche essere correlata con il pensare e il sentire di non essere amabili e/o avere poco valore.
La paura dell’abbandono può provocare stati di ansia continua, una vera e propria angoscia, sentimenti di solitudine e tristezza nonché rabbia a protezione e difesa di se stessi. Essa trova le sue radici nella storia infantile del soggetto. Le persone che sperimentano l’ansia abbandonica possono aver vissuto, proprio nel periodo in cui costruire legami stabili e duraturi è fondamentale per la sopravvivenza emotiva, situazioni di vita permeate da distacchi, perdite o trascuratezza o mancato riconoscimento da parte delle figure di riferimento.
Molteplici possono essere le vicende traumatiche: l’abbandono del nucleo familiare da parte di un genitore, separazioni burrascose dei genitori, gravi malattie e/o la morte di uno o di entrambi i genitori o figure di riferimento, rimproveri ingiustificati, trascuratezza, giudizi negativi umilianti, incomprensioni rispetto ai propri bisogni emotivi e/o alle proprie motivazioni. Eventi questi che lasciano un segno più o meno profondo, più o meno doloroso nel bambino che li sperimenta.
Infatti, essi possono influire sulla costruzione dell’autostima con svalutazione di sé e sfiducia negli altri. Questi stati d’animo se non vengono colmati in modo adeguato possono accompagnare il bambino durante tutta la sua crescita continuando a farlo sentire insicuro e non degno di essere amato anche da adulto.
Ciò può portare al timore di ulteriori abbandoni, ma anche alla difficoltà di gestire nuovi rapporti. Spesso l’angoscia dell’abbandono spinge ad instaurare relazioni tossiche in cui prevale il bisogno eccessivo e ossessivo dell’altra persona, giungendo anche ad annullare se stessi pur di sentirsi amati, apprezzati e appagati.
Purtroppo, le relazioni basate sul bisogno ossessivo dell’altro portano sofferenza perché è inevitabile che nei rapporti ci siano anche momenti di separazione e conflitto, un legame completamente sintonizzato non è possibile (Tronick e Gold, 2021).
Il primo passo è indubbiamente quello di riconoscerla e imparare ad accettarla. Ecco alcuni suggerimenti per riuscire nell’intento e non lasciarsi totalizzare dall’esperienza della paura di essere abbandonati.
L’esperienza dell’abbandono nell’infanzia può portare a convincersi di non essere degni di essere amati. Molto spesso questa convinzione scaturisce dal pensiero che si è fatto qualcosa di sbagliato o che si ha un difetto di base (Balint, 1977), altrimenti non ci sarebbe stato l’abbandono.
Addossarsi la colpa è tipico dei bambini per salvaguardare l’importanza delle figure di riferimento.
Non sempre le paure sono viste come qualcosa di negativo, anzi in molti casi sono necessarie per allertarci della presenza di problemi e difficoltà. Accettare le proprie paure ed esplorare le cause principali che le hanno generate permette di elaborarle e superarle.
Una volta individuato il trauma che ha scatenato le paure e aver identificato i modelli di pensiero negativi, occorre sostituirli con pensieri positivi e realistici.
Ma prima ancora di andare a ritrovare le cause è importante instaurare con la figura del terapeuta una buona alleanza per averlo come guida nell’esplorazione e nella condivisione di queste esperienze dolorose e angosciose.
Per conoscersi meglio bisogna accettare di esplorare i propri vissuti anche se dolorosi, in quanto solo così si può arrivare a vedere quali sono i meccanismi e le situazioni che attivano in modo immediato questo tipo di angoscia per cercare di superarla e viversi appieno la propria autenticità.
Quando una relazione è vera vuol dire che le persone che ne fanno parte hanno voglia di essere presenti e partecipi. Se invece una persona fugge e non ha interesse a coltivare la relazione è consigliabile non ostacolare la sua scelta.
È sbagliato correre dietro a chi ha scelto di fuggire, perché se scegliesse di rimanere potrebbe essere solo per fare un favore, ma in realtà dietro non c’è alcuna voglia di approfondire una conoscenza o un rapporto probabilmente anche per difficoltà personali.
Vi sono anche dei lati positivi nel distacco, non bisogna dimenticarlo. Ogni cosa che accade è generata da un motivo, una ragione precisa e allo stesso modo, se una relazione di qualsiasi natura finisce è perché non va più bene.
Se facciamo passare del tempo e guardiamo indietro notiamo che il distacco è stato fonte di riflessione, qualcosa che ha dato modo di crescere e di far vedere il mondo da un altro punto di vista.
Le emozioni scatenate dall’abbandono rappresentano uno stimolo verso situazioni migliori e bisogna prenderle quindi come un segno positivo.
Innescare un dialogo interiore costruttivo è importante per riprendere ad avere fiducia in se stessi e curare l’autostima. Bisogna cercare di interrompere il ciclo negativo di sottovalutarsi e di lasciare spazio all’ansia che porta a pensare di poter essere nuovamente abbandonati.
Bisogna poi prendersi cura di sé e soddisfare quei bisogni che non sono stati soddisfatti nell’infanzia. Ecco perché è necessario lavorare prima di tutto sulla fiducia in se stessi, stringendo relazioni più forti e significative con gli altri. Fare questa esperienza in terapia è senz’altro molto importante perché la stanza d’analisi è un luogo sicuro dove si può anche imparare ad affrontare piccoli conflitti e rotture verificando che l’altro non scompare.
Bisogna mettere impegno per raggiungere l’autosufficienza emotiva. Una persona con una scarsa autonomia emotiva è facilmente vulnerabile e soffre di svariati malesseri psicologici.
Prendere la piena consapevolezza di sé e delle proprie necessità consente di fare affidamento alle risorse interiori, indispensabili per colmare qualsiasi vuoto.
L’autonomia emotiva fa parte della nostra responsabilità personale e nessuno può darla, ma siamo noi che dobbiamo raggiungerla.
Quando la paura dell’abbandono crea malessere e impedisce di instaurare rapporti affettivi solidi e appaganti è fondamentale rivolgersi a uno psicoterapeuta.
L’aiuto di un professionista permette di acquisire consapevolezza del proprio disagio e di fare chiarezza sulle proprie paure, facendo emergere sentimenti, emozioni, riflessioni e pensieri che saranno rielaborati in maniera opportuna.
Grazie ad un percorso di psicoterapia il paziente comincia a comprendere le ragioni che scatenano la sofferenza e impara a gestire gli stati d’animo. La psicoterapia può dare alla persona la sensazione di avere un luogo sicuro dove può imparare a stabilire confini sani nelle relazioni ed evitare quelle nocive che portano solo sofferenza e distruzione.
La psicoterapia psicodinamica è l’approccio terapeutico più adeguato per affrontare la paura dell’abbandono. Tramite un percorso personalizzato l’individuo può dare sfogo alla propria emotività e esplorare le esperienze personali considerate fonte dei suoi problemi psicologici.
Sentire di avere accanto un terapeuta coinvolto e interessato può far sentire la persona meno sola e può portarla a riconoscere che la propria esperienza è condivisibile.
Bibliografia
Tronick E,. Gold C.M. (2021), “Il potere della discordia”, Milano: Raffaello Cortina Editore.
Aron, L., (2004). Menti che si incontrano. Milano: Raffaello Cortina Editore
Balint M., (1977), “Il difetto fondamentale”, Pbp Payo
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