Quando si parla di psicoterapia psicodinamica, si sente spesso parlare di relazione terapeutica, conosciuta anche come alleanza terapeutica in alcuni casi.
Difatti, talvolta si sente usare l’uno o l’altro termine come se non ci fosse differenza tra i due, anche se ci sono alcune sfumature di significato che rendono i termini ben distinti tra loro.
In questo articolo parleremo principalmente della relazione terapeutica, illustrando cos'è nello specifico, a cosa serve e, soprattutto, perché è di cruciale importanza nella psicoterapia psicodinamica.
La relazione terapeutica è un concetto abbastanza complesso che comprende al suo interno una serie di ulteriori concetti specifici, tra cui appunto l’alleanza terapeutica citata pocanzi.
Tramite questi elementi, infatti, si può arrivare ad instaurare una vera e propria relazione tra paziente e psicoterapeuta.
Nello specifico, secondo teorie come quella di Bodrin (1979), l’alleanza terapeutica rappresenta l’elemento più importante della relazione terapeutica, ed è composta da tre elementi, ovvero:
Il succo di questo concetto è che, per essere una terapia psicodinamica efficace, sia il paziente che lo psicoterapeuta devono instaurare un rapporto di collaborazione tra loro, interagendo attivamente e cercando di trovare il proprio ruolo.
Tutto questo prende appunto il nome di relazione terapeutica.
Nel momento in cui si instaura una relazione terapeutica tra paziente e psicoterapeuta, nasce un ulteriore elemento di cruciale importanza, ovvero quello affettivo. Questo scaturisce da vari elementi, come le emozioni e i pensieri trasmessi dal terapeuta e, soprattutto, il “rivivere” le proprie esperienze passate da parte del paziente.
Ciò consente ad entrambi i soggetti di evolversi nel corso della terapia. Da un lato, abbiamo il paziente che impara ad aprirsi, a comunicare e a far comprendere al terapeuta la vera natura del problema.
Dall’altro, abbiamo il terapeuta, che riuscirà ad individuare i punti cruciali su cui lavorare per terminare la terapia con esito positivo. Secondo numerosi studi, tra l’altro, instaurare questo tipo di relazione consente di avere una previsione ancora più accurata dell’esito della psicoterapia.
D’altronde, se il paziente e il terapeuta non riescono a capirsi tra loro, risulta quasi impossibile trovare una soluzione efficace al problema.
A seconda del tipo di relazione che si viene a creare, come già anticipato, può nascere un vero e proprio legame affettivo tra i due individui. Nello specifico il paziente, tramite i suoi Modelli Operativi Interni, può riaccendere ricordi passati e crearsi delle determinate aspettative nei confronti del terapeuta.
Un tale senso di attaccamento da parte dell’uno o dell’altro individuo, però, può sfociare in comportamenti che diventano non tanto cooperativi quanto motivazionali, poiché si viene influenzati dai Modelli Operativi Interni che, di norma, si apprendono dai genitori.
Allo stesso tempo, però, il rapporto affettivo tra paziente e terapeuta può rappresentare un punto di svolta. Difatti, se da un lato abbiamo il paziente che, a causa del senso di attaccamento, non collabora appieno col terapeuta, dall’altro possiamo trovare il paziente vivere un’esperienza cosiddetta correttiva.
Questa esperienza consente al paziente di essere più motivato, prendendo più sicurezza di sé. In tale ottica, il terapeuta funge da figura sicura, che consente al paziente di affrontare le proprie esperienze nel modo corretto
A seconda del proprio approccio con il paziente, com’è facile intuire, un terapeuta può essere più o meno in grado di instaurare una relazione terapeutica. Ci sono, infatti, alcuni elementi distintivi che permettono al professionista di “accedere” più facilmente all’interno di una persona.
A tal proposito sono anche stati condotti numerosi studi, con l’obiettivo unico di scoprire le caratteristiche capaci di favorire o ostacolare questa sorta di collaborazione tra individui.
Per quanto riguarda la promozione della relazione terapeutica, uno degli elementi cruciali che dovrebbe avere il professionista è la capacità metacognitiva, ovvero una buona capacità di conoscere la propria mente e quella altrui.
Al contempo, un bravo psicoterapeuta dovrebbe essere capace di far aprire il paziente, facendogli esprimere emozioni e sentimenti in modo genuino, senza un giudizio negativo o positivo che potrebbe inibirlo.
Inoltre, far capire che c’è un interesse vero e proprio nel risolvere il problema farà sentire il paziente in un luogo sicuro, consentendo l’apertura e la nascita di una relazione e un legame affettivo.
In poche parole, il terapeuta deve diventare in tutti i sensi amico del paziente. Al contrario, se il professionista non è sicuro di ciò che sta facendo e non infonde fiducia nelle proprie capacità, evitando il coinvolgimento emotivo, è facile che il paziente si chiuda in sé stesso evitando qualsiasi tipo di apertura.
D’altronde, la psicodinamica si basa proprio su questo: esplorare il lato interiore del paziente per consentire al paziente di capire il modo in cui le esperienze passate influenzano i suoi comportamenti, le sue decisioni e le sue relazioni.
Abbiamo visto brevemente come la relazione terapeutica possa creare un vero e proprio rapporto collaborativo tra paziente e terapeuta. Questa consente ad entrambi gli individui, come già sottolineato, di evolversi durante ogni seduta, aprendosi nei confronti dell’altro e dando vita ad un legame affettivo.
In particolare, il paziente può trovare in questo modo un luogo sicuro sul quale riporre la propria fiducia e, soprattutto, una persona con la quale poter esprimere tutti i propri sentimenti.
Dall’altro lato la relazione terapeutica positiva ai fini della terapia vede il professionista realmente interessato alla risoluzione del problema.
Bibliografia
Bordin, E. S. (1979). The generalizability of the psychoanalytic concept of the working alliance. Psychotherapy: Theory, research and practice, 16, 16, 252-260